Di tutte le persone che entrano in ospedale in Italia, 400 mila ne escono afflitte da un'altra malattia e il 10 % muore per problemi correlati. L’ho sempre sospettavo fin dai tempi in cui studiavo medicina all’università che gli ospedali erano luoghi pericolosi, infatti cercavo di soggiornarvi il minimo indispensabile come paziente.
L'attesa di una diagnosi è sempre fonte di una certa apprensione, quando non arriva ad essere paura e ansia che ovviamente vanno gestite. Siamo un po’ abituati a delegare e a dare un'importanza esagerata ad esami e analisi dei macchinari tecnologici. Ovviamente vanno tenuti in considerazione però, per quello che sono. Questi sono una fotografia statica del corpo fisico di un organismo umano composto anche da psiche e anima, in movimento, nulla è immobile. Grazie che ci siano ovviamente ma guai a farne una verità assoluta. Vanno interpretati e correlati alle visite dal vivo, tenero conto che parliamo di un terzo dell’uomo.
L'altro aspetto da considerare è che la diagnosi serve per lo più ai medici per dare una terapia, per scopi sociali, burocrazia varia. Al paziente cosa serve? Serve ad essere inquadrato in una categoria, gli si appiccica addosso un etichetta, spesso ingessata dai precedenti storici e da quelli che ne soffrono come lui. In parte è utile perché dà orientamenti ma può essere anche rischioso credere troppo alle etichette, vediamo perché.
Ogni malattia porta con sè una storia, un vissuto, un immaginario collettivo che può essere anche pesante e condizionare negativamente il mio percorso e quella che viene chiamata prognosi, cioè: il percorso di cura che si può fare, se si può guarire, le statistiche, durata tempi, stadiazioni, gravità e altre cose. Per esempio, sapere quante persone sono guarite o sopravvissute a cosa serve, senza sapere come, a che costi umani, il loro vissuto, che tipi erano, se hanno fatto magari altre cure complementari oppure no. Quindi chi può predire come io reagirò dato che la verità non la sa nessuno, perché crederci ciecamente?
Le statistiche sono importanti ma possono condizionarmi in vari modi: facendomi credere che quella è la sola strada, se è successo così agli altri sarà così anche per me, che il mio destino è segnato, che devo sopportare le cure e gli effetti collaterali. Dare il giusto peso alle cose non è facile, qui non stiamo parlando di competenze ma di buon senso, quello posseduto da tutti ma non sempre usato. Il buon senso dice che diagnosi particolarmente forti possono scatenare paure e reazioni inconsce creando altri problemi che si sommano a quelli che ci sono già, potendo avviare un circolo vizioso. A volte più esami e analisi creano più problemi di quelli che vorrebbero risolvere.
Forse sarebbe bene ricordare che io sono unico e le mie possibilità sono direttamente proporzionali alle mie credenze, se penso che non posso far altro che seguire i percorsi già segnati, così sarà. Se penso invece che sono un' insieme di corpo, psiche e anima che interagiscono contemporaneamente come potrò credere che basti occuparsi solo del corpo per guarire?