Anche se utilizziamo la stessa lingua la comprensione è spesso molto difficile. Ogni parola, ogni frase, può essere letta a diversi livelli, con interpretazioni a volte opposte. In genere ci capiamo poco, quando non ci capiamo affatto. Questo è ancora più tangibile se manca il linguaggio non verbale che è la parte maggiore della comunicazione.Intenet e i social sono l’esempio più lampante.
Abbiamo però un altro livello, nei rapporti dal vivo, quello non verbale che ci può aiutare, l’ EMPATIA. Qualità, non misurabile scientificamente ma, stranamente accettata da tutti, che ci permette di “sentire” l’altro. Possiamo intuire cose che le parole non dicono o dicono il contrario, possiamo sentire la gioia, il dolore e la sofferenza di chi abbiamo davanti. Questo ci aiuta a capire e indagare i suoi problemi e cosa possiamo fare o cosa è meglio non fare per chi si occupa di cure.
L’empatia è una qualità indispensabile per capire il mondo e gli altri. Per gli animali è sopravvivenza, il panico per la fuga, le indicazioni degli uccelli in stormo perfetto? Andrebbe coltivata ancor di più per chi si occupa di curare gli altri. L’ascolto è la base di partenza ma, si situa ad un livello verbale ed è solo la superficie. Come fare a coltivare l’empatia? Sviluppando:
- apertura verso gli altri in maniera incondizionata, predisporsi.
- il silenzio e l’ascolto neutro, no giudizio, no consiglio, no interruzione dell’altro.
- la consapevolezza delle nostre emozioni serve per capire i sentimenti e gli stati d’animo degli altri, esame di coscienza personale.
- l'attenzione al ritmo del dialogo delle frasi e delle parole, alle pause e al modo di esprimersi dell’altro e anche su di sé.
- l'osservazione e interpretando le emozioni dei protagonisti di un video togliendo l’audio.
“La più alta espressione dell’empatia sta nell'accettare e nel non giudicare.” CARL ROGERS
Il coinvolgimento intuitivo derivato dall’empatia aggiunge la capacità di fare qualcosa di utile basandosi sulle proprie intuizioni, opportunamente verificate. Coltivando la compassione, l’altra caratteristica complementare, il prendersi cura.
Attenzione! L’eccesso è pericoloso, sia in un senso che in quello opposto, l’alessitimia o dispatia è la ridotta capacità di sentire l’altro. Le persone che sentono troppo, cioè sono troppo sensibili, abbassano la soglia del dolore e diventano esposte a soffrire in prima persona, dimenticandosi di se stesse e magari pensare di voler salvare il mondo.
Sembra che, coltivando un simile atteggiamento, ci sia una maggior produzione di DHEA, l'ormone che contrasta il processo di invecchiamento, e minore di cortisolo, l'ormone dello stress. La prova su di sé rimane la più attendibile, per me è migliorato il senso di pace e di serenità, la base per aiutare gli altri.
foto di milkbook